SETHEMBILE MSEZANE

Kwasukasukela – Re-imagined bodies of a (South African) 90s born woman (2015-2016)

Kwasuka Sukela: Re-imagined Bodies of a (South African) 1990s Born Woman is an alternative narrative of African women in history and mythology. The influences of colonialism in Africa are not only present in public space through architecture, monuments and statues but are also prevalent in the home. With an awareness of this history that continues to grip South Africa, there is a paradox in the finery of Victorian furniture and dress, in that it is at once appealing and repulsive in what it stands for ideologically. Furniture that references colonial times, remains a part of the process of identity construction within an African locale. It is in this domestic interior I created that one can begin to see these spaces potentially as radical spaces in making “homeplace” as hooks (1991) has noted. The women I have depicted in my family, encapsulated in colonial furniture, allude to this. While the circumstances of their time dehumanised black women, their portraits reveal full consciousness of their own representation. Through my work I have explored the need to resist domination and assert self-definition, and inversely, I have expressed the need to simply be.

In critiquing the negation of the female body, and more specifically, the black female body, I am able to trace its absence in memorialised public space and by extension, its lack of acknowledgement in our society. I employ strategies of creating self-definition that are deeply rooted in looking at my past, be it through spirituality or relearning South African history and its alternate narratives. In my practice this has been a process of connecting and acknowledging my ancestry, as well as seeking out the stories of other women in this continent, as a millennial contributing to an archive of their histories.

___________________

IT

Kwasuka Sukela: Corpi reinventati di una donna (Sud Africana) nata negli anni ‘90 è una rappresentazione alternativa della donna africana nella storia e nella mitologia. L’epoca coloniale ha lasciato in Africa tracce di sé negli spazi pubblici, come in quelli privati: ne parla l’architettura, i monumenti, le statue; traspare nell’eleganza dei mobili di epoca Vittoriana e nell’allestimento delle abitazioni locali. Dettagli attraenti ma allo stesso tempo ripugnanti a causa delle proprie fondamenta ideologiche. I mobili raffigurano un tentativo coloniale di costruzione di una nuova identità in contrasto con quella locale. La rappresentazione di donne della mia famiglia incapsulate all’interno di arredamenti coloniali, mi ha permesso di ricreare spazi che si oppongono a estranee mura domestiche ma che diventano invece “homeplace” (casa, come scrive Hooks -1991). Il risultato ottenuto è quello di donne che, malgrado un passato disumanizzante, raffigurano e trasmettono una completa consapevolezza di loro stesse. Per mezzo del mio lavoro ho esplorato la necessità di resistere alla dominazione e di affermare l’autodefinizione e, inversamente, ho espresso il bisogno di essere, semplicemente. Nel criticare la negazione del corpo femminile, in particolare di donne nere, ne noto l’assenza all’interno di spazi pubblici e di conseguenza, ne noto un mancato riconoscimento all’interno della nostra società. Grazie allo studio della storia del mio paese e alla spiritualità, ricreo all’interno dei miei lavori un’autodeterminazione che è profondamente radicata nel mio passato. Questo processo è stato per me motivo di riconnessione e di presa consapevolezza delle mie origini, permettendomi inoltre di dare voce all’esistenza di altre donne del mio stesso continente, come una millennial che contribuisce all’archivio di ognuna delle loro storie.