Il numero secondo

La mia vita inizia con la morte dei miei tre fratelli gemelli, nati qualche anno dopo di me e vissuti poche ore. Ricordo ancora le loro piccole e candide bare, il giorno del funerale; da solo, per mano di un mio cugino, poco più grande di me e che ora non c’è più, neppure lui. Non ho mai sentito rilevante questo evento, neanche per i miei genitori, ma tutti e tre siamo stati incastrati da questo infelice momento di non vita. Solo ora, nel mio ritrovarmi, emerge che quella mancanza, l’anaffettività e l’introversione dei miei genitori, hanno condizionato il mio pormi alla vita. La difficoltà a lasciarmi andare e sentire le emozioni; ad essere me stesso e non a mettermi sempre dopo tutti. Diversi anni dopo sono nati miei fratelli, quelli che tanto desideravo da bambino, ma che oggi, come allora, sento lontani e per i quali ero un genitore. Sono ancora un figlio unico, con la giovinezza mai vissuta per dedicarmi agli altri e preoccupato di essere accettato. Negli anni sono diventato marito e padre; mia figlia mi ha dato la vita. La mia casa ora non c’è più; da quelle piccole tombe sono partito per comprendermi ed essere quel bambino che non sono mai stato e che prima o poi dovrà emergere.

Alessandro Secondin

Alessandro Secondin è nato a Venezia nei primi anni settanta e vive a Pordenone. Da sempre interessato all’arte in tutte le sue forme, è da tempo appassionato alla fotografia, nel cui ambito aggiorna e completa la sua formazione partecipando a diversi corsi e workshop con diversi docenti sia in Italia che all’estero. Come fotografo non ama collocarsi all’interno di un genere specifico, ma spaziare liberamente dal paesaggio al ritratto passando per la foto di strada. Per Alessandro Secondin la fotografia è soprattutto un momento intimo, ricco di emozioni e di silenziose narrazioni: attraverso i suoi scatti cerca di raccontare la sua storia mescolata a quella dei soggetti che ritrae; una sorta di viaggio, un percorso interiore, che si manifesta in ogni foto. Utilizza indifferentemente macchina fotografica o smartphone, dipende da ciò che ha immediatamente disponibile o quello che vuole realizzare, e ritiene l’attrezzatura un mero mezzo al suo narrare.

 www.alessandrosecondin.it

ENG VERSION

On being second in line

My life began on the death of my three twin brothers, who, born several years after me, lived only a few hours. I still remember their tiny white coffins the day of their funeral, and I, alone, hand in hand with one of my cousins, a little older than me, and now he’s gone too. I never felt that this was for me very relevant, nor for my parents. Now however, I realise that we three have been trapped in this moment of non life ever since. Only now with this discovery of my real self has it emerged how the lack of parental affection together with their introversion, have conditioned my life. Making it ever difficult to relax and be myself, and to avoid always considering myself the least important, the last in line. Several years later the brothers I had always longed for were born. But I always felt a distance between us and more like a parent, still an only child. My youth was sacrificed for others and I always struggled for acceptance. Later on becoming a husband and father, my daughter gave me a new life. Now with my new home recently gone, I started a new journey leading me back from those small graves to an understanding of myself and of the child I was never allowed to be.

Alessandro Secondin

Born in Venice at the beginning of the 70’s, he lives in Pordenone, in the north-east of Italy. Always interested in all kind of art, he became passionate about photography, joining many courses and workshops held by different photographers both in Italy and abroad, through which he completed his experience. As a photographer he does not like to be placed in a specific genre, but to feel free to embrace landscape, portrait as well as street photography. Photography for Alessandro Secondin is an intimate moment, rich of emotions and silent storytelling: through his shots he tries to tell his own story mixing it with that of his subjects: a journey, an inner path that shows through each picture. He uses both camera and smartphone, depending on what he has at hand or what kind of picture he wants to create. He sees equipment as a mere tool for his narration.